Michele dei Molinari detto Michelino da Besozzo
(Besozzo, documentato dal 1388 al 1450) e bottega di Bernardo Zenale (Treviglio ca. 1460/65 – Milano 1526)
Madonna con Bambino affresco staccato e trasportato su supporto inerte, 91 x 60 cm.
Il dettaglio del viso del Bambino incorniciato da eleganti riccioli biondi, insieme al delizioso e inconfondibile visino imbronciato, mettono in rapporto questo affresco con la produzione di Michelino da Besozzo, uno dei grandi interpreti dello stile cortese tra Lombardia e Veneto.
Volto, capigliatura e posa del Bambino (e anche della Madonna, su cui scorrono luminosi riflessi ramati), un cui piede è teneramente afferrato dalla mano della madre, sono sufficienti a renderci conto che questa immagine appartiene allo stesso mondo, esclusivo e fatato, dello Sposalizio della Vergine nella Pinacoteca di Siena, databile al 1420 circa, degli Apostoli sulla volta della cappella di San Martino in Sant’Eustorgio a Milano, ante 1440; o ancora del Corteo dei Magi oggi nell’Arcivescovado ambrosiano ma in origine nella chiesa di Santa Maria Podone; committenze rispettivamente di Bianca Maria Visconti e di Vitaliano Borromeo.
Non si conosce la provenienza originaria di questo affresco, in cui il gesto del Bambino che apre le braccia presuppone la presenza di un devoto alla sua destra, che dovette però godere di prestigio e devozione dal momento che venne restaurato a inizio Cinquecento.
Buona parte del panneggio e tutta la parte superiore, comprensiva della testa della Madonna e della finestra in prospettiva, esibiscono infatti lo stile di uno dei protagonisti del Rinascimento milanese quale Bernardo Zenale. Il volto della Vergine come ci appare oggi si confronta agevolmente con i due Santi del Museo Bagatti Valsecchi provenienti dal Polittico di Cantù, circa 1507, la Madonna col Bambino e due Angeli della Pinacoteca di Brera. Si tratta di opere afferenti al primo decennio del Cinquecento e a una analoga epoca dovrebbe risalire l’intervento di aggiornamento estetico dell’affresco micheliniano. La definizione del volto, pur inequivocabilmente zenaliana, è forse appena meno sensibile degli esiti appena citati, anche se va ricordato che si tratta di un’opera tecnicamente assai diversa; si preferisce tuttavia mantenere prudenzialmente un riferimento alla bottega.
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